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LA NOSTRA STORIA

LA FONDAZIONE

Alla fine del mese di agosto del millenovecentocinquantasette, il giorno 28 in Trieste, nello studio del notaio Boccasini, aveva inizio formale un’impresa destinata a creare nel tempo un prestigioso complesso sanitario di iniziativa privata. Un gruppo di quindici professionisti ed imprenditori, in maggioranza triestini e per lo più medici, costituiva, con un capitale di cinque milioni, la società per azioni denominata “Istituto Elio – Ortopedico Ebolitano S.p.A.”.

I soci provvedevano immediatamente a nominare il Consiglio di amministrazione ed il Collegio sindacale; presidente del Consiglio veniva quindi eletto il prof. dott. Antonio Mezzari, padovano abitante ed operante a Trieste quale medico primario di ortopedia all’Ospedale maggiore, che avrebbe guidato la società fino al gennaio del 1970; consigliere delegato fu nominato il dott. Giuseppe Botteri.

Scopo della società era l’esercizio di strutture sanitarie in genere, ma i fondatori avevano ben chiaro l’oggetto primo dell’impresa, come del resto chiaramente espresso dal nome apposto alla società stessa. Erano infatti in corso da tempo indagini e trattative per l’acquisto di un terreno nella fascia costiera del Salernitano corrispondente alla piana del Sele, per costruirvi una Casa di cura privata, destinata al ricovero ed alla cura degli esiti da poliomielite.

Ma quale ragione mai aveva portato questo gruppo di settentrionali ad intraprendere nel sud un’iniziativa piena di incognite e non scevra di pericoli e difficoltà e come mai proprio nel Salernitano?

L’antefatto è semplice e contemporaneamente complesso. Già nel 1933 era entrato in funzione ad Aurisina, presso Trieste, il Sanatorio “Pineta del Carso”, di cui erano divenuti comproprietari alcuni dei soci fondatori dell’Istituto Ebolitano (Ercolessi, Varini, Preti, Segata, Rinaldi). Questi avevano successivamente deciso di ampliare la loro attività trasfondendo un prezioso bagaglio di esperienze sanitarie e manageriali in altre zone del Paese.

Nel 1954 avevano dato avvio, con nuovi soci, al Centro ortopedico di Lanzo d’Intelvi, in quel di Como, e già si esaminavano le possibilità di fondare a Mestre (Venezia) quello che in futuro sarebbe divenuto il Policlinico “San Marco”.

Uno tra i soci, il prof. Mezzari, aveva dovuto abbandonare, per le vicende postbelliche, la sua attività all’ospedale di Val d’Oltra presso Ancarano, cittadina istriana a pochi chilometri da Trieste, passato all’amministrazione jugoslava; uno dei suoi aiuti di allora, il prof. Giuseppe Corsi, era quindi divenuto primario di ortopedia degli O.O.R.R.I. di Salerno, dove aveva avuto la possibilità di conoscere la realtà locale, le esigenze e le potenzialità di un’area in via di sviluppo. Conoscendo le intenzioni del gruppo triestino, ed avendo riscontrato che in loco esistevano le possibilità per l’avviamento di un’iniziativa nel settore sanitario, segnalava ai colleghi di Trieste le opportunità riscontrate. Dopo ripetuti sopralluoghi per riscontrare le diverse possibilità, il gruppo di promotori passava alla fase realizzativa della Casa di cura.

Le trattative iniziate con i comuni di Battipaglia e di Eboli portavano ad individuare le possibili alternative per la scelta del sito più adatto. Alla fine la spuntò il Comune di Eboli che, nonostante divergenze interne al Consiglio comunale, nella seduta del 31 luglio 1957 deliberò di vendere al Comitato promotore dell’Istituto Elio – Ortopedico Ebolitano una zona del Demanio civico in contrada Campolongo, di He. 10, al prezzo di Lire 1.000.000.

Fu una specie di corsa risolta sul filo di lana, tanto che il sindaco di allora, Francesco Giovine, ebbe a dire, rispondendo a chi in consiglio comunale gli chiedeva le ragioni dell’urgenza con cui la delibera veniva discussa in aula: “Sarebbe bastata la perdita di soli quattro giorni per vedersi soffiata l’opera dal vicino Comune di Battipaglia che già aveva avuto all’ordine del giorno della seduta consigliare del 6 giugno u.s. l’argomento che occupa il Consiglio di questa sera”.

La delibera, dopo ampia discussione, fu approvata all’unanimità ed il terreno fu acquisito infine dal Comitato promotore, poi trasformato in Società per azioni nella citata riunione dei soci del 28 agosto 1957.

 

LA COSTRUZIONE

Tra le condizioni poste dall’amministrazione comunale v’era anche quella che imponeva un sollecito inizio dei lavori di costruzione del nuovo complesso sanitario.

La progettazione e la direzione dei lavori furono affidate all’ingegnere Chiandussi, socio e consigliere della S.p.A. I lavori, iniziati nei mesi a cavallo fra il 1958 e 1959, incontrarono immediatamente una prima difficoltà: il sedime dell’erigenda costruzione dovette essere liberato dalle mine, che nella seconda guerra mondiale i tedeschi avevano disseminato sulla costa a sud di Salerno, in previsione dello sbarco alleato, avvenuto in effetti nel settembre del 1943.

Si può ben dire quindi che la nascita dell’Istituto ebolitano fu festeggiata con un’imponente serie di botti!!

Dopo l’inizio decisamente sofferto, i lavori, affidati all’impresa di costruzioni ing. Rocco Angrisani di Salerno, continuarono con sufficiente alacrità, anche se il proseguire dei paralleli lavori di sminamento, attuati dal Genio Militare di Napoli, ne ritardarono non poco lo svolgimento, e la natura del terreno impose dispendiose opere di palificazione.

Nel frattempo, per opera del prof. Corsi, la società perveniva ad un accordo con la Capitaneria di Porto di Salerno, per l’ottenimento della concessione in uso della spiaggia antistante il terreno acquisito, estesa per una superficie di circa mq 70.000 (“per un canone di Lire 40.000 annue”, altri tempi, altre lire!).

Una curiosità: durante lo sminamento, su richiesta del Genio Militare di Napoli, la Fiat 600 multipla di proprietà dell’Istituto fu adibita ad autoambulanza, mentre un dipendente dell’Impresa Angrisani, infermiere durante il conflitto mondiale, fu nominato responsabile del servizio di infermeria. Ulteriori ostacoli derivavano dalla richiesta della Società elettrica della Campania riguardante la costruzione di una cabina di trasformazione, a carico della Società, sul proprio terreno; condizione necessaria per ottenere gli allacciamenti del caso.

Alla fine del ‘59 i lavori di sminamento furono praticamente compiuti e si procedette in sicurezza alla costruzione delle opere di completamento previste per le sistemazioni esterne.

Nonostante la discreta situazione finanziaria della Società, che nel marzo 1959 aveva proceduto all’aumento del capitale sociale da Lire 5 milioni a Lire 100 milioni, a pagamento, fu necessario nel 1960 richiedere al Banco di Napoli un mutuo fondiario ipotecario ventennale di Lire 100.000.000, per completare le opere, arredare l’Istituto e dotarlo di un gruppo elettrogeno da 20-30 KW.

Nel corso del 1960, in vista del compimento dei lavori di costruzione dell’Istituto e della prevedibile entrata in funzione dello stesso, si procedette a trattare e concludere convenzioni per il ricovero di malati. A ciò fu delegato dal Consiglio il prof. Corsi, che si rivolse al Ministero della Sanità “per malati per i quali lo stesso Ministero della Sanità si assume l’onere della degenza”, all’INPS ed all’INAM per malati di tubercolosi extrapolmonare, all’ONIG, all’ENPAS; all’INAIL ed all’ENPDEP “per il ricovero di malati di tubercolosi extrapolmonare o comunque abbisognevoli di cure elio-ortopediche”.

L'INAUGURAZIONE

S.E. l’Arcivescovo di Salerno Mons. Demetrio Moscati ed il Dott. Adolfo Ercolessi

Il giorno 26 novembre 1960 si addivenne infine all’inaugurazione dell’Istituto. La cerimonia assunse indubbiamente un carattere di particolare importanza e solennità, per la larga partecipazione di autorità che, con la loro presenza, significarono la simpatia e l’ammirazione per l’iniziativa che, oltre a valorizzare la zona di Eboli, offriva alla popolazione locale un’assistenza ospedaliera che prima mancava ed un’occasione consistente di lavoro, sia per chi direttamente avrebbe contribuito all’attività dell’Istituto, sia per il consistente indotto. Al discorso di apertura del Presidente prof. Mezzari seguirono gli interventi dell’Arcivescovo di Salerno, che procedette alla benedizione della nuova struttura, del dott. Giovine, già Sindaco di Eboli, e del Sindaco stesso.

A nome dell’autorità governativa, il Prefetto di Salerno ebbe parole di elogio e di soddisfazione per l’iniziativa, che prendeva così avvio ufficiale, con i migliori auspici ed il generale apprezzamento, un’intensa e qualificata attività.

All’interno dell’edificio di 6 piani vi erano tutte le attrezzature specifiche per il trattamento ed il recupero funzionale dei pazienti affetti da lesioni invalidanti l’apparato locomotore; una piscina costruita secondo i più recenti criteri della tecnologia dell’epoca, sale per la terapia fisica (termoterapia endogena ed esogena, elettroterapia, ecc.), una grande palestra per il recupero e la rieducazione funzionale; mentre all’esterno, sull’arenile, si andava allestendo l’occorrente per la psammoterapia e l’elioterapia.

Il reparto radiologico era dotato di apparecchi capaci di eseguire qualsiasi indagine. Era possibile eseguire interventi di elezione ortopedica in quanto vi era una completa e modernissima, per l’epoca, dotazione di mezzi e presidi chirurgici.

Una grande cappella capace di contenere oltre 200 persone assicurava l’assistenza religiosa.

Particolare attenzione era stata posta per assicurare un soggiorno confortevole ai pazienti, generalmente bambini. Le stanze di degenza, strutturate in camerate secondo i criteri dell’epoca, erano tutte disposte in maniera da essere ampiamente soleggiate ed in comunicazione con vaste terrazze per l’elioterapia. Ad ogni piano vi erano sale da pranzo e sale di soggiorno, medicherie e, per i pazienti sottoposti ad interventi, un reparto chirurgico.

L'AVVIAMENTO

All’assunzione del personale fu dedicata particolare cura, anche al fine di scegliere elementi qualificati da tutti i punti di vista. Le difficoltà incontrate nelle trattative, pur tempestivamente avviate, per istituire rapporti di convenzione con gli enti mutualistici e di assistenza, trovarono risoluzione solo nei mesi successivi, sicché appena dal febbraio ‘61 incominciò l’afflusso di infermi all’Istituto. Nel marzo dello stesso anno il dott. Adolfo Ercolessi fu nominato Consigliere delegato.

Le difficoltà nell’avviamento comportarono un periodo di ritardi, immobilizzazione e di dibattiti interni, culminati nell’elezione di un nuovo Consiglio di amministrazione nell’aprile del ‘61, nel quale, rimanendo il professor Mezzari presidente, assumeva la carica di consigliere delegato il dott. Adolfo Ercolessi. Primo atto del nuovo Consiglio fu quello di proporre ai soci un aumento del capitale sociale a pagamento da £ 100.000.000 a £ 140.000.000, per far fronte alla pesante situazione finanziaria. Esaurite nel dicembre del ‘61 le operazioni relative all’aumento, raggiunta una certa entità nell’afflusso dei degenti, comunque inferiore alla capacità ricettiva, solo verso la fine dell’anno, avvicendati il direttore sanitario (il dott. Laurenzi cessava la sua opera nel dicembre ‘61 ed il prof. Repaci la iniziava nel gennaio ‘62) ed il capo ufficio amministrativo (il sig. Zorzet al posto del dott. rag. Chiarotto del novembre ‘61), estinte le partite debitorie pregresse, relative alla costruzione dell’Istituto, si poté considerare conclusa la fase degli investimenti ed affrontare quelle seguenti con spirito e problemi diversi. Segno di ciò fu il definitivo trasferimento della sede della Società a Campolongo.

Immediatamente si prospettarono notevoli sfasamenti fra la formazione dei crediti della Società nei riguardi degli enti convenzionati e la realizzazione dei relativi incassi, in particolare da parte del Ministero della Sanità, per cui si rese necessario ricorrere a nuove e consistenti linee di credito da parte di istituti bancari (in particolare la Cassa di Risparmio di Trieste). Tuttavia il flusso dei malati si incrementò con gradualità ma nello stesso tempo con costante progresso, sicché nel marzo ‘63 il Consiglio di amministrazione poteva presentare all’assemblea degli azionisti seppur modestamente il positivo bilancio dell’anno 1962, che veniva a coprire parzialmente le perdite degli esercizi precedenti; lo stesso avvenne l’anno successivo, in cui fu rinnovato il Consiglio di amministrazione. Si registrò in tale occasione l’entrata in Consiglio del prof. Giuseppe Corsi, negli anni precedente fiduciario della Società a Salerno e punto di riferimento per le attività in loco.

Nel 1965, alle cure per esiti di poliomielite si aggiunsero quelle per infermi portatori di tutte le forme di tubercolosi extrapolmonare, a seguito di apposita convenzione stipulata con l’I.N.P.S., il che contribuisce a rafforzare la posizione dell’Istituto e a renderlo sempre più importante nella zona, per le implicazioni sociali e sanitarie della sua attività. Il bilancio ‘64 chiuse finalmente in attivo netto, seppure in maniera modesta, essendo state recuperate tutte le perdite pregresse.

All’inizio del ‘66 scomparve uno degli artefici dell’iniziativa, il prof. dott. Giuseppe Corsi.

L’aumento delle rette corrisposte dal Ministero ed una loro più puntuale liquidazione migliorarono la situazione di bilancio della Società negli anni successivi, anche se la crisi degli enti mutualistici e di assistenza, per la carenza di mezzi finanziari, si ripercosse sulla liquidità. Ciononostante vennero intrapresi lavori di miglioria ed ampliamento alle aule scolastiche, allo scopo di adeguarsi alle prescrizioni Ministeriali per consentire lo svolgimento della scuola dell’obbligo ai giovani ricoverati.

Aumentarono nel frattempo i ricoveri, sì da utilizzare quasi in pieno la capacità ricettiva dell’Istituto.

Le crescenti richieste di aule per la frequenza della scuola media, dovute all’incrementata età dei giovani ricoverati, resero necessaria la costruzione di un nuovo edificio, vicino alla portineria, atto a contenere locali di servizio per il personale operaio e per magazzini, all’epoca situati al pianoterra dell’edificio principale. Il progetto fu affidato all’ing. Ugo Preti.

Nel corso del 1968 si registrò una netta e costante diminuzione dei nuovi casi di poliomielite anteriore acuta, grazie alle nuove scoperte atte a debellare tale malattia sociale, per cui i ricoveri si riferirono sempre più ad esiti di vecchia data, che necessitassero di interventi di chirurgia recuperativa. Ciò portò ad una maggior qualificazione dell’attività, per contro ad un aumento di costi, dovuto all’incrementato numero del personale addetto. Ad esso si sommavano aumenti sensibili dei salari, a seguito di agitazioni piuttosto pesanti del personale ausiliario sostenuto dalle organizzazioni sindacali.

Nel gennaio del ‘70, a seguito di una malattia che aveva colpito il prof. Mezzari e nella previsione di un suo lungo decorso, venne nominato Presidente del Consiglio il dott. Adolfo Ercolessi.

Emerse nel contempo, quale fiduciario della società, la persona del rag. Gianfranco Camisa, mentre, nell’aprile ‘70, il nuovo Consiglio di amministrazione nominò consigliere delegato il cav. uff. rag. Tullio Scartezzini.

Le continue agitazioni del personale, susseguitesi ininterrottamente nel corso del ‘69, con manifestazioni di tensione notevole e contrapposizione durissima, estesero anche nel ‘70 la loro influenza sull’andamento della Società, sia per le maggiorazioni concesse sulle remunerazioni, sia per la riduzione degli orari di lavoro, nel quadro di un generale mutamento sociale del Paese.

Si confidava nella riforma sanitaria per riportare un certo ordine e superare l’inquieta contingenza che travaglia il settore.

Nell’Assemblea degli Azionisti del marzo ‘71, venne approvato l’aumento del capitale sociale da £ 140.000.000 a £ 280.000.000, per incrementare l’attività della Società ed apportare ristrutturazioni all’Istituto.

Ma il 1971 fu un anno difficile: la lotta sindacale arrivò a livelli mai prima raggiunti, con disagi ed ansie fra i degenti e la minaccia da parte del personale religioso di lasciare l’Istituto senza preavviso.

La situazione drammatica trovò alla fine una sua conclusione dopo estenuanti trattative.

Nel 1971 il rag. Gianfranco Camisa divenne direttore amministrativo dell’Istituto.

Nello stesso anno venne sottoscritta la convenzione con l’INAIL.

La scomparsa di poliomielite e tubercolosi imposero all’Istituto Elio – Ortopedico Ebolitano di ristrutturare i propri servizi clinico ospedalieri per far fronte a differenti patologie. Ci si indirizzò in particolare sull’attività di riabilitazione, inizialmente fisica ed, a seguire, in diverse branche.

All’inizio del ‘73 si articolarono ufficialmente le attività dell’Istituto in tre servizi (ortopedia – traumatologia, fisiochinesiterapia e medicina interna) a capo dei quali vennero designati rispettivamente il dott. Aldo Barba, la dott.ssa Anna Maria Lucarelli Corsi ed il dott. Ugo Guarino. Il Consiglio di amministrazione deliberò inoltre, alla fine di tale riorganizzazione, un dettagliato organigramma, un regolamento funzionale per le attività sanitarie, un programma di incentivi per il miglioramento della qualità del personale medico ed una gratifica di fine d’anno per i dipendenti. Fu la fine, fra l’altro, del periodo conflittuale tra società e lavoratori.

L’istituto venne inserito nella massima categoria delle case di cura private e ciò fu un giusto riconoscimento alla qualità delle prestazioni svolte, all’organizzazione puntuale, alla validità degli ambienti e delle attrezzature.

Il 26 febbraio 1973 scomparve il presidente Adolfo Ercolessi.

Il nuovo Consiglio di amministrazione, eletto nell’Assemblea del giugno ‘73, nominò presidente e consigliere delegato il rag. Tullio Scartezzini. Nella medesima Assemblea venne nominato Presidente onorario della società il prof. Antonio Mezzari.

LO SVILUPPO

I riconoscimenti conseguiti impegnarono la Società ad eseguire notevoli migliorie alle condizioni di abitabilità ed alle attrezzature dell’Istituto (tra cui l’impianto di smaltimento delle acque, le nuove caldaie, il gruppo elettrogeno, un secondo montalettighe e la nuova palazzina per magazzino e personale).

Si operò inoltre nel senso di assicurare maggiore stabilità al corpo sanitario, offrendo ipotesi di carriera ed assistenza per il miglioramento dei giovani medici e per la riconversione del lavoro svolto sino ad allora verso prestazioni per le malattie cosiddette acute. Al corpo medico interno furono affiancati consulenti esterni, in particolare per il settore chirurgico – ortopedico e l’anestesia.

Nel luglio ‘73 veniva stipulato, dopo lunghe trattative, il nuovo contratto aziendale.

Si riscontrò all’epoca un sempre minor afflusso di post – poliomielitici sostituiti gradualmente da invalidi civili non autosufficienti, traumatizzati ortopedici, per cui si continuarono a potenziare il personale, il mobilio e le attrezzature per il reparto fisiochinesiterapia. Fu inserito un nuovo specialista in fisiochinesiterapia, il dott. Carmine Montefusco, e sette unità fra infermieri e fisioterapisti.

Il 1974 fu un anno difficile per l’ospedalità privata, in previsione del subentro delle Regioni agli enti mutualistici, avvenuto il 30/12/1974; il mancato ripianamento dei debiti, il congelamento degli enti, l’incertezza sul tipo dei nuovi rapporti incisero profondamente sul bilancio della Società. Ciononostante si procedette a completare i lavori avviati per la nuova centralina, la centrale elettrica e quella termica, la lavanderia e l’impianto di acqua potabile.

Si stampò un depliant illustrativo del Istituto, che fu inviato a tutti i medici dell’Italia centro – meridionale.

 

Nel maggio del ‘74, il dott. Montefusco subentrò al dott. Guarino, nella carica di vicedirettore sanitario e, nel luglio del ‘75, essendo stato nominato Direttore sanitario il sen. Biagio Pinto sottosegretario di stato, lo stesso Montefusco ne assunse “pro tempore” l’incarico.

Il prof. Lucio Ercolessi fu nominato a sua volta consigliere delegato sanitario della Società.

Il gennaio del ‘76 vide l’Istituto impegnato nella ristrutturazione per entrare nella fascia funzionale “B” o “A”; i relativi lavori di adeguamento alle disposizioni di legge furono affidati all’Impresa Di Lauro, su progetto dell’ing. Chiandussi.

Gli adeguamenti principali per accedere alla convenzione con la Regione Campana riguardano le dimensioni delle stanze di degenza mq 7 per posto letto ed al massimo 4 letti per camera), la dotazione di servizi igienico – sanitari, i locali per visita e medicazione, infermeria, soggiorno, per il personale medico e infermieristico. Si ottenne così una capienza complessiva di 246 posti letto, di cui 136 convenzionati, con l’eliminazione delle camerate da 8 letti e l’allestimento di un servizio igienico per ogni nuova stanza. Contemporaneamente, in base sempre alla legge n° 386 dd. 17/08/74, furono potenziate le attrezzature, gli impianti, le apparecchiature tecniche ed il mobilio (un amplificatore di brillanza, un emoteca, impianti di lavanderia e di depurazione delle acque nere). Il costo di quanto sopra si aggirava sui 150 milioni, per cui fu necessario ricorrere ad un mutuo fondiario.

A seguito del cessato incarico governativo, il sen. Pinto fu reintegrato, nel marzo del ‘76 , nella carica di Direttore sanitario, mentre il dott. Montefusco fu nominato responsabile del reparto di fisiochinesiterapia.

L’aumento del costo del personale, l’inadeguatezza delle rette, i nuovi investimenti, i ritardati pagamenti portarono ad un aggravarsi della situazione economico – sanitaria, con ulteriori necessità di ricorrere al credito bancario. A più riprese fu nominato procuratore speciale della Società, per l’effettuazione delle relative operazioni, il rag. Camisa, che nel febbraio del ‘77 assunse anche la delega per maggiori poteri amministrativi.

LA CONVENZIONE REGIONALE

Il protrarsi del processo di convenzionamento si ripercosse sull’inadeguatezza delle rette, bloccate al 75, e sulle prospettive per il futuro dell’Istituto, che pur procedeva nel processo di ristrutturazione ed ammodernamento, sopraelevando parzialmente il VI piano per dare maggior spazio ai servizi; finalmente, nel novembre del ‘77, la sospirata convenzione per 118 posti letto di riabilitazione e 30 di ortopedia, fu approvata dalla Giunta regionale, con l’inserimento dell’Istituto nella fascia funzionale di categoria “A”, e con “la retta di lire 33.120 – pro capite, pro die”. Dopo tre anni di perdite, si apriva uno spiraglio importante: la rivalutazione delle rette precedenti alla convenzione portava il bilancio in attivo, anche se le mancate liquidazioni relative, per il cronico passivo in cui versava il fondo sanitario nazionale, aggravavano lo stato finanziario, già critico, dell’azienda. A ciò si univa una contrazione delle presenze, sia per la diminuita capacità ricettiva che la nuova disposizione strutturale aveva causato, sia per il mutato tipo di ricoveri. Fu necessario aumentare nuovamente il capitale, che nel ‘73 era stato portato a lire 350 milioni, arrivando, mediante utilizzo parziale delle riserve e parzialmente con l’apporto a pagamento, alla cifra di lire 600.000.000. In ottemperanza alle disposizioni di legge, che impedivano la confusione di denominazione tra Enti pubblici e privati, fu modificata la ragione sociale in “Centro Ebolitano di medicina fisica e riabilitazione – Casa di cura privata – Società per azioni” (1978).

IL CENTRO DI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE (CEMFR)

A seguito delle richieste inoltrate dalla Società ed in considerazione della crescente qualificazione che la struttura veniva assumendo nella Regione Campania, la medesima, nel settembre ‘78, aumentava la convenzione, portandola a 200 posti letto, fascia funzionale “A”, parametro 120.

Nei primi giorni di agosto veniva inaugurato, alla presenza delle autorità, il nuovo reparto di fisiochinesiterapia, progettato dallo studio degli arch. Berni e Varini, dotato di palestra, sale per massaggi, vasche sagomate, forni ed elettroterapia; esso prendeva il posto, al pianoterra, delle aule scolastiche, ormai in disuso, e rappresentava il passaggio dalla tradizionale attività di cure ai poliomielitici e tubercolosi a quella nuova di riabilitazione su vasta scala. Sembrava l’inizio di un periodo di tranquillità e progresso per il Centro.

LA CRISI

La mancata regolamentazione delle rette da parte della Regione Campania per gli anni 1975 – 76 – 77, unita all’aumento costante dei costi, aggravò la situazione economico – finanziaria, che sopportava il peso di rilevantissimi interessi bancari. Alla fine del ‘78 la crisi finanziaria da tempo prevista e paventata, si manifestò in modo violento ed immediato. L’impossibilità di provvedere al pagamento degli stipendi e salari, i molteplici debiti con i fornitori, la chiusura del credito da parte delle banche posero l’alternativa della chiusura della Casa di cura o del ricorso ad un prestito da parte dei soci. Questi risposero immediatamente ed unanimemente alla richiesta angosciosa del Consiglio e, consci della gravità del momento, provvidero tempestivamente al versamento delle rispettive quote. Ciononostante la situazione permase gravissima e,  nel febbraio del ‘79 il presidente rag. Scartezzini convocò il Consiglio e comunicò: “Le previsioni che nel mese di dicembre sembravano favorevoli ad uno sblocco, da parte della Regione, dei nostri crediti, in sofferenza fin dal lontano 1975, sono ora diventate una deludente realtà di una disperata situazione finanziaria….. In questa situazione, ormai, disperiamo di poter resistere e quindi tutto il peggio può accadere in qualsiasi momento”.

Ai dipendenti era stato corrisposto solo il 50 % degli stipendi e dei salari e non si sapeva come affrontare le spese correnti.

C’erano naturalmente agitazioni fra il personale e minacce di sciopero ad oltranza.

Fortunatamente, nel corso dell’anno, la Regione pervenne ad una transazione sui crediti maturati con le Case di cura campane, aumentando nel contempo le rette per la fascia di spettanza dell’Istituto. Anche il numero dei ricoveri si stabilizzò su buoni livelli, anche se contenuti dai lavori di ristrutturazione che, nonostante la crisi, erano proceduti con la solita alacrità.

LA RIPRESA

Con il 1° gennaio del 1980, data di entrata in vigore della riforma sanitaria, la competenza per la gestione ed il controllo delle convenzioni passò alle Unità sanitarie locali; nella Regione la loro istituzione subì dei ritardi e con essa le trattative per la convenzione e le rette nuove. Però la situazione finanziaria era complessivamente migliorata e la crisi complessivamente superata, per il momento. Si poté quindi proseguire sulla strada degli investimenti per migliorare la funzionalità del Centro ed ottenere contemporaneamente dei risparmi sulle spese d’esercizio.

Si diede corso alla costruzione, di una palazzina di circa 560 mq, da adibire a cucina, mensa e servizi personale, con relativo corridoio di collegamento al corpo principale; di un nuovo reparto di radiologia, adeguato alle necessità ed al prestigio del Centro; all’ampliamento del reparto di fisiochinesiterapia, dotato delle più moderne attrezzature.

Venne avviata la ristrutturazione del servizio di cardiologia e di quello di neurofisiologia, che la Società ritenne opportuno potenziare con l’acquisto di nuove moderne attrezzature e con una maggior qualificazione del personale addetto.

La Regione accettò di convenzionare il Centro per l’elettroencefalografia ed elettromiografia; per un miglior collegamento fra il Consiglio e la Direzione sanitaria, venne stipulato un contratto con il prof. Isidoro Marass, con la qualifica di “sovrintendente sanitario”.

Si iniziarono le trattative, che sarebbero risultate complesse, lunghe ed estenuanti, per la sdemanializzazione ed il successivo acquisto del terreno demaniale prospiciente il comprensorio sul lato mare.

Furono quindi gettate le basi per un processo di stabilità e sviluppo.

STABILITÁ ED ESPANSIONE

Scartezzini e Camisa ad un convegno al Centro Ebolitano di Medicina Fisica e Riabilitazion

Il superamento della crisi economico – finanziaria e l’avvio di nuove iniziative societarie, nella prospettiva di una sempre maggior affermazione del Centro nella realtà sociale e sanitaria della provincia di Salerno, ma non solo – estendendo la sua sfera d’azione alle province ed alle regioni contermini – segnarono l’inizio di un periodo decennale, che, sotto la presidenza del rag. Tullio Scartezzini, la direzione del rag. Gianfranco Camisa e la collaborazione costante dei Consigli di amministrazione che si sono succeduti negli anni, portò la Società ed il Centro stesso al raggiungimento di mete sempre più prestigiose.

Una relativa stabilità finanziaria, pur soggetta ad andamenti altalenanti, sia per i rapporti complessi con gli Enti convenzionanti, sia per i cronici ritardi nella determinazione e nella liquidazione delle rette, consentì di pervenire a bilanci positivi; la politica attuata fu però quella di reinvestire la gran parte degli utili conseguiti, per l’espansione e la qualificazione del Centro, ascrivendoli con cadenza costante a riserva straordinaria e quindi ad aumento del capitale sociale, avvalendosi per questo anche delle rivalutazioni previste dalle leggi vigenti e dell’apporto finanziario dei soci.

In dieci anni il capitale passò da £ 600.000.000 a £ 7.200.000.000, allineando via via il valore delle immobilizzazioni alla realtà del momento corrispondente, consolidando e potenziando la Società. L’assessorato regionale alla Sanità continuò a confermare la fiducia nell’attività riabilitativa e ortopedica del Centro, ritenendolo all’avanguardia nel settore grazie agli elevati standards assistenziali ed agli interventi di alto livello.

Il passaggio delle competenze alle USSL risultò tormentato e lungo e solo nell’82 venne istituita l’USSL. n° 55 ebolitana, con la quale si cominciò a dialogare ed a confrontarsi.

Le richieste di ricovero aumentarono gradatamente, tanto che fu a più riprese necessario aumentare le dimensioni del Centro, mediante nuove costruzioni e ristrutturazioni ed ottenendo un incremento dei posti letto convenzionati. In data 16/12/82 la Regione Campania stipulò con il Centro la nuova convenzione per complessivi 260 posti letto.

 

Si provvide a qualificare sempre più l’assistenza fornita ai degenti, sia migliorando le qualità ricettive, funzionali ed organizzative, sia potenziando il corpo sanitario con l’acquisizione di nuovi collaboratori medici interni di notevole specializzazione e prestigio, come promuovendo il miglioramento qualitativo dei giovani medici già in forza; si diversificarono le specialità in essere, creando nuovi reparti volti a far fronte a richieste della comunità, specialmente nei settori sguarniti a livello regionale; ci si avvalse infine dell’opera di collaboratori e consulenti esterni di alto livello, instaurando un rapporto preferenziale con l’Università di Napoli.

La qualificazione man mano raggiunta fu espressa inoltre con l’organizzazione di numerosi convegni scientifici, che ebbero rilevante risonanza e contribuirono ad evidenziare l’importanza del Centro ed il suo profondo radicamento nel panorama medico – sanitario dell’area meridionale e nel suo contesto socio – sanitario.

I rapporti con il personale furono improntati ad un confronto continuo, per lo più sereno e corretto; gli scontri vennero mediati in tempi compatibili con il buon funzionamento del complesso e, grazie alle qualità umane e professionali del rag. Scartezzini, del rag. Camisa e dei loro collaboratori, risolti senza eccessive tensioni.

L’acquisto del terreno demaniale di circa mq 31.500, per una fascia profonda mediamente m16 e lunga 200, vide impegnata la Società per anni e si risolse appena alla fine del 1986.

Il sisma che aveva colpito la Campania nel novembre del 1980 vide il Centro in prima linea nell’attività di soccorso ai traumatizzati ed il nostro campo sportivo fu destinato ad eliporto per i soccorsi.

I danni furono di media entità, grazie alle solide strutture degli edifici, anche se lo spavento per i ricoverati ed il personale fu notevole.

Fu avviata e consolidata negli anni la collaborazione con il prof. Nicola Misasi, clinico ortopedico dell’Università di Napoli, che elevò il livello di prestigio del nostro reparto chirurgico; il prof. Calogero Capone, primario di medicina interna, del pari promosse l’attività di patologia medica; fu istituito il reparto di riabilitazione cardiologica, che mancava nella zona.

Nel settembre ‘87 fu stipulata la convenzione con l’Istituto di Chirurgia dell’apparato locomotore e Chirurgia d’Urgenza dell’Università degli Studi di Napoli per un servizio di consulenza finalizzata alla conduzione e supervisione del Servizio di medicina e traumatologia dello sport, di durata triennale.

Negli anni andò incrementandosi l’attività ambulatoriale, che divenne sempre più parte importante ed integrante dell’immagine e della qualità del Centro.

All’inizio degli anni novanta tale qualificazione ebbe un ulteriore riconoscimento con il convenzionamento per prestazioni di DAY HOSPITAL con la Regione Campania (12/07/91), che, nonostante l’avversità dell’USSL. 55, assunse i caratteri di un insostituibile servizio, complementare alla degenza ed alle cure ambulatoriali.

Nel periodo vennero costantemente aggiornate le attrezzature per far fronte alle esigenze montanti e sempre più diversificate: il reparto operatorio, quello radiologico, cardiologico, neurologico, e bronco pneumologico nonché quello fisioterapico furono arricchiti di nuove, efficienti e prestigiose apparecchiature. Arredo e mobilio furono costantemente sostituiti con altri più funzionali ed aderenti alle patologie affrontate. L’esigenza di espandere l’attività, che trovava difficoltà ad essere ospitata completamente nel Centro e richiedeva una presenza nel territorio più capillare, portò all’istituzione di sedi distaccate nell’area salernitana (Albanella, Pisciotta, Salerno), per le quali si ritenne però opportuno demandare la gestione ad una nuova società, vista la molteplicità degli impegni e dei programmi di sviluppo del CEMFR.

A tale scopo fu istituita nell’87, su iniziativa della Società madre e controllante, la “Gestioni Sanitarie S.p.A.”, più brevemente “GESAN”, per organizzare una rete di presidi riabilitativi e fisiochinesiterapici in sinergia con il CEMFR. La nuova società, sotto la presidenza del rag. Camisa, costruiva dapprima un poliambulatorio nella zona cilentana, affacciato sul golfo di Palinuro, nel comune di Pisciotta (‘88 – ‘89); quindi assumeva la gestione di un nuovo poliambulatorio fisioterapico e riabilitativo, ricavato dal CEMFR nei locali di via Settimo Mobilio, a Salerno, di circa mq 540 (‘90 – ‘91).

Contemporaneamente il Centro andava sviluppandosi: veniva continuamente aggiornato ed incrementato il sistema informatico, con attrezzature all’avanguardia della tecnica relativa, continuavano le ristrutturazioni interne ai piani di degenza, con la creazione di più moderne stanze con servizi annessi (‘83 – ‘89); si otteneva una sempre più efficace dotazione impiantistica: nuovi montalettighe, centrali termiche, riscaldamento, climatizzazione, rifornimento acqua, gruppi elettrogeni e di continuità, inceneritore, officina meccanica, ecc.

Il sen. Pinto venne nominato nell’85 sovrintendente sanitario, con funzioni di consulenza del Consiglio di amministrazione e di coordinamento con la direzione sanitaria; al suo posto fu designato il prof. dott. Lorenzo Spirito, che ricoprì la carica di direttore sanitario dall’85 alla fine dell’89. Dopo un breve periodo in cui il sen. Pinto riassumeva tale funzione, nel febbraio del 91 gli subentrava il dott. Nicola Malinconico.

Proseguirono i lavori volti ad ampliare ed implementare le strutture edilizie; fu sopraelevata la palazzina della cucina, completandola con il laboratorio di analisi, gli spogliatoi ed il reparto di isolamento (‘82). Negli stessi anni furono incrementati i servizi destinati alla riabilitazione, con la costruzione di una nuova grande palestra ed altri locali, su due piani, per circa 500 mq. Fu costruita la nuova portineria, furono ricavati gli uffici amministrativi ed il servizio di riabilitazione respiratoria per la riabilitazione polmonare, ammodernate le sale operatorie, ristrutturato il servizio radiologico.

. Nell’ottobre dell’83 fu organizzato presso il Centro il primo convegno scientifico, con la collaborazione dell’Istituto di clinica ortopedica dell’Università di Napoli.

Furono acquistati nell’85 i locali di via F. Severo n° 19, a Trieste, sede degli uffici staccati della Società.

I lavori edilizi continuarono senza soluzione di continuità: al rifacimento del rivestimento esterno degli edifici, danneggiato dal sisma, si procedette nell’84, avvalendosi di doghe di alluminio preverniciato della ditta Malugani, tuttora in essere.

Scartezzini, Camisa e Pinto all'inaugurazione del Reparto di Idroterapia

Furono programmati nell’86 ingenti investimenti per ottenere un grande, attrezzato ed innovativo complesso per cure idroterapiche, un nuovo atrio d’ingresso ed accettazione, una palazzina per la cura di ammalati non autosufficienti, la ristrutturazione delle stanze di degenza a tutti i piani. Tale ambizioso programma trovò realizzazione graduale nel tempo: nell’87 fu inaugurato l’ampliamento dedicato all’idroterapia, realizzato con la consulenza del dott. Trombetti, responsabile del servizio  di riabilitazione, comprendente una grande piscina di m 20 per 7, delle piscine più piccole per deambulazione riabilitativa, successivamente integrate con vasche per idromassaggio, fangoterapia, paraffinoterapia, galvanoterapia, vasche sagomate.

La cerimonia di inaugurazione, alla presenza delle massime autorità, ebbe grande rilievo e risonanza, anche se qualcuno degli invitati finì nell’acqua delle vaschette lavapiedi. Seguì, a distanza di due anni, la realizzazione del nuovo ingresso ed accettazione, integrato da uffici, locali per i servizi di riabilitazione, e nuove palestre per l’attività esterna.

Nel ‘90 iniziò l’attività dell’ambulatorio di Salerno, dotato di vani ed attrezzature dello stesso livello del Centro; nella sede principale fu realizzata una grande sala per convegni e riunioni, che continuarono a svolgersi con cadenza regolare nella nuova principale ed attraente collocazione.

LA SECONDA CRISI

Alla fine degli anni ‘80, nonostante il Centro crescesse non solo fisicamente e qualitativamente, imponendosi come una delle più prestigiose ed affermate strutture sanitarie nazionali, se non europee, come amava ripetere il presidente Scartezzini, iniziò un periodo di difficili rapporti con l’USL 55. I ritardi nell’approvazione degli aggiornamenti delle rette di degenza, i pagamenti delle stesse e degli arretrati protratti oltre ogni ragionevole termine, il contenzioso montante con  l’USL 55, portarono ad un indebitamento progressivo che finì per mettere in pericolo l’esistenza stessa del Centro. Si giunse, nei primi anni ‘90, a vantare crediti con il Servizio sanitario nazionale pari ad un intero anno di attività.

Alle giuste richieste di voler sanare in tempi rapidi i crediti, il Comitato di gestione dell’USL 55 deliberava la riduzione dei posti letto convenzionati da 260 a 100, motivando il provvedimento con la scarsità dei mezzi finanziari a disposizione. Fu necessario ricorrere al TAR campano per veder riconosciuta l’illegittimità del provvedimento e la sua soppressione.

L’aggravarsi della situazione finanziaria, che aveva portato a pesantissimi indebitamenti a breve, con relativi interessi passivi con le banche, in parte sostituiti con l’accensione di rilevanti mutui a lungo termine, volti anche a far fronte ai cospicui investimenti effettuati, costrinse la Società a tutelare i propri diritti ricorrendo a decreti ingiuntivi nei confronti dell’USL per le partite in sofferenza.

Lo stato di salute del presidente grande ufficiale rag. Tullio Scartezzini, lo induceva, nel maggio 1991, a rinunciare alla carica che aveva ricoperto dal ‘73 con prestigiosi risultati nello sviluppo della Società e del Centro.

Veniva eletto presidente l’arch. Giulio Varini, consiglieri delegati il rag. Gianfranco Camisa, il prof. Lucio Ercolessi ed il sig. Furio Finzi.  L’ampliamento dei poteri esecutivi societari, volto a far fronte alla crisi in corso, trovava adeguato riscontro nel potenziamento della struttura amministrativa e sanitaria: il rag. Camisa veniva nominato Direttore Generale della Società, la rag. Vincenza Morra direttore amministrativo, i dottori Carmine Montefusco e Mario Pepe vicedirettori sanitari.

La situazione critica perdurò nel ‘91: l’USL 55 interpretava in senso restrittivo l’attivazione del day hospital, avvenuta nel luglio di quell’anno, non ritenendola aggiuntiva al tetto dei 260 ricoveri a tempo pieno. Il parere autentico dell’Assessorato Regionale alla Sanità confermava l’interpretazione data dalla Società al provvedimento convenzionale. In successione quasi immediata, nel novembre ‘91, l’USL 55 deliberava la disdettava della convenzione, evidenziando “la necessità di ridefinire gli ambiti e le forme di un nuovo atto convenzionale”. L’azione prontamente attivata dalla Società faceva sì che l’Amministratore straordinario dell’USL sospendesse il provvedimento in attesa della definizione della contrattazione, ossia del rinnovo della convenzione stessa.

Il rag. Scartezzini, per l’aggravarsi della sua situazione di salute, rassegnava le sue dimissioni da consigliere di amministrazione nel settembre dell’anno 1992; gli subentrava la rag. Morra. L’assemblea dell’anno successivo nominava, su proposta del Consiglio, il rag. Scartezzini presidente onorario della Società.

Agli inizi dell’anno successivo la Regione Campania disponeva “l’omogeneizzazione “ per le case di cura di fascia “A” e “B”, declassandole, negli intenti, nella fascia “C” indistintamente. Dopo lunghe trattative a livello regionale, si perveniva al rientro del provvedimento.

La situazione conflittuale perdurante aveva come risultato la liquidazione delle competenze dovute con fortissimi ritardi ed a rette non aggiornate (nel giugno ‘92 si liquidavano le competenze alla retta ‘88).

Pertanto aumentavano i crediti, e parallelamente i debiti e gli interessi passivi; di conseguenza la Società fu forzosamente costretta a contenere i nuovi investimenti, limitandosi a completare quelli già iniziati.

Nel periodo si tese tuttavia al costante miglioramento delle prestazioni sanitarie: il livello degli interventi chirurgici di protesizzazione, di chirurgia della mano aumentò, con l’apporto, oltre che del prof. Misasi e dell’équipe, di ortopedici di valore europeo, quali il prof. Wagner di Norimberga ed il prof. Müller di Berna, tanto che il Centro rafforzò la sua posizione di leader e di punto di riferimento in dette patologie nell’area regionale e nelle Regioni viciniore.

Del pari, acquisivano prestigio le attività del servizio di neurofisiopatologia, neurologia e cardiologia.

Veniva stipulato una convenzione con l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli per un’attività libero – professionale extra muraria da parte degli operatori sanitari della I divisione di Ortopedia del Policlinico annesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Anno cruciale e particolarmente difficile e tormentato fu il 1993. I provvedimenti delle autorità sanitarie, susseguitesi nel corso dell’esercizio, in via provvisoria, cautelativa, interpretativa, di contenimento della spesa o con le più svariate  motivazioni, furono volti a ridurre l’ampiezza del campo d’intervento del Centro. Con la convinzione del diritto derivatele dalle leggi e dagli atti convenzionali e con la coscienza tranquilla di chi aveva sempre lavorato con serietà ed abnegazione, nell’interesse della collettività e dei pazienti, la Società resistette alle pressioni difendendosi con garbo ma, quando necessario, anche con decisione, tutelandosi in sede amministrativa, civile e penale per veder riconosciuto quanto conquistato negli anni. Alla fine, nei primi mesi del ‘94, la situazione si assestò con l’accettazione delle tesi del Centro, e si stabilizzò in termini più soddisfacenti: il numero di posti letto convenzionati, i ricoveri giornalieri, i trattamenti in day hospital riassunsero l’assetto precedente, come sostenuto dal CEMFR. Nel frattempo la Regione provvedeva ad aggiornare con tempestività le rette, per cui la situazione finanziaria riprendeva a migliorare, consentendo il rilancio degli investimenti e delle attività sanitarie.

IL RILANCIO

La nuova legislazione sulle incompatibilità nel campo medico, in vigore dal 1° gennaio 1993, e la conseguente impossibilità di avvalersi di consulenti esterni dipendenti di strutture pubbliche, costrinsero il Centro a rinunciare a tali validi apporti, ma il nuovo assetto del corpo chirurgico, sotto la guida del dott. Gianfranco Castaldi, riuscì a supplire in maniera quanto mai soddisfaciente, mantenendo ed incrementando l’attività chirurgica ortopedica sia quantitativamente che qualitativamente.

Era iniziata la costruzione di una nuova palazzina per non autosufficienti che, per le difficoltà citate, procedeva con ritmi rallentati.

Veniva mantenuta la presenza sugli organi di informazione e nel campo sportivo (attività di medicina dello sport, sponsorizzazione di attività sportive), fornendo un’immagine positiva, senza intenti pubblicitari, in momenti in cui la sanità in generale non godeva di grande prestigio.

Nel ‘94 il capitale sociale veniva nuovamente aumentato, parte a pagamento e parte avvalendosi delle riserve straordinarie, attestandosi su Lire 9.360.000.000, per far fronte ai previsti investimenti.

Furono acquisite il 100 % delle azioni della GESAN S.p.A., che successivamente fu incorporata per fusione nella Società madre, al fine di ottenere una migliore funzionalità dal punto di vista organizzativo, un più coordinato utilizzo delle risorse mediche e paramediche comuni ed un uso più razionale delle risorse, con una maggior produttività del lavoro.

Le difficoltà nella riscossione di quanto dovuto, nonostante i parziali ripiani effettuati dalla Regione sui residui degli anni precedenti, vide impegnato il Consiglio di amministrazione in estenuanti trattative, nelle quali esso fu però affiancato dalle Organizzazioni sindacali aziendali e provinciali e dal personale tutto, a sottolineare l’unità di intenti maturata nel corso degli anni e la coesione, l’attaccamento e l’orgoglio derivante dal comune lavoro. Tale azione consentì di sbloccare la situazione, determinando anche le basi per un miglior rapporto con l’USL 55.

Va notato inoltre che, in quegli anni, la Società ebbe a confrontarsi ripetutamente con l’INPS, per le continue modifiche apportate da questo ente al settore di inquadramento della nostra attività, altalenante fra commercio ed industria, e per ulteriori disparità di interpretazioni della normativa. Il confronto continua tuttora ed il contenzioso non è ancora risolto, pur essendosi determinate numerose sentenze favorevoli alla Società.

Dal 1° gennaio 1995 la sanità in Italia si trasformò, a seguito del D. Lgs. n° 502/92. Alle difficoltà insite in ogni mutamento, si aggiunse la mancanza di chiare disposizioni al S.S.N. e di conseguenza alle strutture private.

Il Centro si presentò tuttavia di fronte al nuovo ordinamento con le carte in regola: all’elevata e sempre crescente qualità delle nostre prestazioni, della struttura amministrativa ed edilizia, si aggiungeva il potenziamento delle attrezzature – era stato tra l’altro nel frattempo istituito il servizio TAC, tomografia assiale computerizzata, quello di urodinamica, ampliato quello di neurofisiopatologia – la ristrutturazione notevole del reparto non autosufficienti, con servizi igienici per degenti con ridotte capacità motorie; la costante richiesta di ricoveri e di prestazioni ambulatoriali lo misero nella condizione di ottenere legittimamente la conferma  del livello raggiunto.

La situazione critica perdurò nel ‘91: l’USL 55 interpretava in senso restrittivo l’attivazione del day hospital, avvenuta nel luglio di quell’anno, non ritenendola aggiuntiva al tetto dei 260 ricoveri a tempo pieno. Il parere autentico dell’Assessorato Regionale alla Sanità confermava l’interpretazione data dalla Società al provvedimento convenzionale. In successione quasi immediata, nel novembre ‘91, l’USL 55 deliberava la disdettava della convenzione, evidenziando “la necessità di ridefinire gli ambiti e le forme di un nuovo atto convenzionale”. L’azione prontamente attivata dalla Società faceva sì che l’Amministratore straordinario dell’USL sospendesse il provvedimento in attesa della definizione della contrattazione, ossia del rinnovo della convenzione stessa.

Il rag. Scartezzini, per l’aggravarsi della sua situazione di salute, rassegnava le sue dimissioni da consigliere di amministrazione nel settembre dell’anno 1992; gli subentrava la rag. Morra. L’assemblea dell’anno successivo nominava, su proposta del Consiglio, il rag. Scartezzini presidente onorario della Società.

Agli inizi dell’anno successivo la Regione Campania disponeva “l’omogeneizzazione “ per le case di cura di fascia “A” e “B”, declassandole, negli intenti, nella fascia “C” indistintamente. Dopo lunghe trattative a livello regionale, si perveniva al rientro del provvedimento.

La situazione conflittuale perdurante aveva come risultato la liquidazione delle competenze dovute con fortissimi ritardi ed a rette non aggiornate (nel giugno ‘92 si liquidavano le competenze alla retta ‘88).

Pertanto aumentavano i crediti, e parallelamente i debiti e gli interessi passivi; di conseguenza la Società fu forzosamente costretta a contenere i nuovi investimenti, limitandosi a completare quelli già iniziati.

Nel periodo si tese tuttavia al costante miglioramento delle prestazioni sanitarie: il livello degli interventi chirurgici di protesizzazione, di chirurgia della mano aumentò, con l’apporto, oltre che del prof. Misasi e dell’équipe, di ortopedici di valore europeo, quali il prof. Wagner di Norimberga ed il prof. Müller di Berna, tanto che il Centro rafforzò la sua posizione di leader e di punto di riferimento in dette patologie nell’area regionale e nelle Regioni viciniore.

Del pari, acquisivano prestigio le attività del servizio di neurofisiopatologia, neurologia e cardiologia.

Veniva stipulato una convenzione con l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli per un’attività libero – professionale extra muraria da parte degli operatori sanitari della I divisione di Ortopedia del Policlinico annesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia.

Anno cruciale e particolarmente difficile e tormentato fu il 1993. I provvedimenti delle autorità sanitarie, susseguitesi nel corso dell’esercizio, in via provvisoria, cautelativa, interpretativa, di contenimento della spesa o con le più svariate  motivazioni, furono volti a ridurre l’ampiezza del campo d’intervento del Centro. Con la convinzione del diritto derivatele dalle leggi e dagli atti convenzionali e con la coscienza tranquilla di chi aveva sempre lavorato con serietà ed abnegazione, nell’interesse della collettività e dei pazienti, la Società resistette alle pressioni difendendosi con garbo ma, quando necessario, anche con decisione, tutelandosi in sede amministrativa, civile e penale per veder riconosciuto quanto conquistato negli anni. Alla fine, nei primi mesi del ‘94, la situazione si assestò con l’accettazione delle tesi del Centro, e si stabilizzò in termini più soddisfacenti: il numero di posti letto convenzionati, i ricoveri giornalieri, i trattamenti in day hospital riassunsero l’assetto precedente, come sostenuto dal CEMFR. Nel frattempo la Regione provvedeva ad aggiornare con tempestività le rette, per cui la situazione finanziaria riprendeva a migliorare, consentendo il rilancio degli investimenti e delle attività sanitarie.

Nell’agosto del ‘93 era scomparso il gr. uff. rag. Tullio Scartezzini, lasciando in tutti il rimpianto per le sue capacità dirigenziali e le sue qualità umane, profuse nei lunghi anni della presidenza e dell’appartenenza al consiglio di amministrazione. Fu deciso di erigergli, nel giardino del Centro, un’effigie bronzea che, realizzata dallo scultore Giovanni Spagnoli, fu inaugurata in occasione dell’assemblea annuale dei soci dell’aprile ‘95.

Dal 1° gennaio ‘96 assunse la carica di direttore sanitario il dott. Mario Pepe, con il dott. Gennaro Parrilli quale vicedirettore.

Nello stesso mese veniva definita la situazione normativa ed economica con l’accordo siglato dalla Regione Campania ed A.I.O.P., che prevedeva un tetto al fatturato per il ‘95 ed uno alle prestazioni per il ‘96, regolamentando i rapporti fra posti letto convenzionati ed in day hospital e le modalità di liquidazione del fatturato. Tutto ciò contribuiva ad un miglioramento della gestione, unitamente alla conferma della classificazione della casa di cura in fascia “A” ai fini dell’accreditamento provvisorio ed ai più distesi rapporti instaurati con l’A.S.L. Salerno 2, subentrata all’USL 55 nel frattempo.

L’attività sanitaria, in particolare per quanto riguardava la riabilitazione, veniva impostata con programmazione e pianificazione diverse, come dettato dalle linee generali di indirizzo del sistema sanitario nazionale, per assicurare all’utenza i livelli di assistenza richiesti.

Si passò quindi dal trattamento prevalente di pazienti con forme artrosico – degenerative a pazienti con affezioni neurologiche complesse e quindi ad alta valenza riabilitativa. Già dal ‘94 era stato introdotto nel Centro l’utilizzo della SDO (scheda di dimissione ospedaliera), con l’elaborazione della quale si poté valutare al meglio il peso di ciascuna patologia trattata. Per una più precisa definizione della nostra specialità, ad evitare equivoci e confusioni con i “centri” ambulatoriali di riabilitazione, fu ritenuto opportuno modificare la denominazione sociale aggiungendo alla precedente la dizione “Campolongo Hospital”, con la quale più brevemente la nostra struttura fu da allora identificata (30 aprile 1996).

IL CAMPOLONGO HOSPITAL S.P.A.

A fine ‘96 entrò in funzione il nuovo reparto per ricoveri di non autosufficienti e di casi di alta specialità. L’inaugurazione avvenne alla presenza delle massime autorità, con il taglio del nastro operato congiuntamente da S.E. dott. Giuseppe Romano, prefetto di Salerno, e dall’arcivescovo di Salerno stessa, S.E. Gerardo Pierro.

Il progressivo incremento dei ricoveri di pazienti post- acuti ad alta valenza riabilitativa, spesso con pluripatologie concomitanti, trovò nella nuova sede adeguata capienza ed assistenza specializzata. Vi erano adottate le più avanzate tecniche per la movimentazione dei degenti e per le loro funzioni igieniche, tramite un nuovo sistema svedese di rotaie a soffitto e di apparecchiature per il sollevamento e lo spostamento automatizzate e con la messa in opera di vasche, docce, wc e lavabi di particolare e graduata adattabilità alle esigenze dei pazienti. Fu impostato il completamento della zona degenze con l’adattamento dal primo piano della nuova palazzina a locali per ergoterapia, terapia occupazionale e per fisiochinesiterapia, con l’individuazione di nuove aree per l’attività riabilitativa, ampliando così il periodo di trattamento durante l’intero arco della giornata. Tale completamento entrò in funzione nella seconda metà del ‘97.

Fu del pari obiettivo del reparto di riabilitazione cardiologica e di quello di ortopedia l’ampliamento delle specialità trattate: per il primo furono aumentati i ricoveri post- acuti, per il secondo si estesero gli interventi chirurgici agli arti superiori, alla colonna vertebrale ed i reimpianti protesici. Unitamente all’incremento ed alla maggior qualificazione delle prestazioni in day hospital e dei servizi, nonché alle nuove apparecchiature ad alta tecnologia messe in funzione, il raggiungimento degli obiettivi citati costituì un’ulteriore salto di qualità sulla strada di un trattamento globale del paziente con standard qualitativi di alto livello.

Nel biennio ‘96 – ‘97 furono eseguiti cospicui interventi di adeguamento alla normativa per la prevenzione e protezione dagli incendi, con la costruzione di una scala di sicurezza, di un ulteriore montalettighe e la realizzazione di nuove compartimentazioni ed impianti interni. Furono realizzati un piccolo reparto per terapia intensiva, la trasformazione dei servizi igienici esistenti ai fini dell’uso da parte di persone con handicap motori, l’ampliamento della portineria e del parcheggio, l’ammodernamento degli impianti delle sale operatorie. Per far fronte a tali ingenti investimenti, nella previsione dei nuovi programmati, il capitale sociale fu portato a £ 11.700.000.000 nel ‘97.

Il progetto prevede il ricavo di quaranta nuovi posti letto, un nuovo reparto di diagnostica per immagini, un nuovo reparto operatorio e nuovi uffici, destinando gli spazi resi liberi nell’edificio esistente all’implementazione delle attività di day hospital, ambulatoriali e di servizio della degenza.

L’esecuzione di quanto programmato, che vede un suo primo atto di realizzazione nell’istituzione di un nuovo servizio, comprensivo di tomografia assiale computerizzata e di risonanza magnetica nucleare di tipo aperto, porterà, anche più che nel presente, il Campolongo Hospital alla fine del primo millennio ed alle porte del 2000, ad un livello di assoluto rilievo e di altissimo prestigio per struttura, prestazioni ed organizzazione, non solo nella Regione e nell’Italia meridionale, ma nell’Europa stessa, come auspicava e riteneva possibile il presidente Scartezzini.

Nel giugno del 2006 è stata inaugurata la nuova ala, creata al fine di adeguare l’intera struttura già esistente ai nuovi parametri previsti per l’accreditamento definitivo in modo da ottenere un miglioramento della funzionalità, del comfort e della tecnologia. Sono stati, inoltre, rimodernati completamente la Sala Operatoria e il Reparto di Radiologia.

Nell’anno 2007 il Campolongo Hospital ha festeggiato cinquant’anni di attività, la Società ringrazia con affetto, riconoscenza ed apprezzamento tutti coloro che in questi anni hanno dato il loro prezioso contributo, ad ogni livello, citati o non in questa cronistoria, per il raggiungimento del presente felice traguardo.

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